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Immagine del redattoreAss. Tramoontana

BOLOGNA, VIA OBERDAN 7 E LA PRIMA VOLTA CON I TUNNG

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Erano tempi strani quelli, me li ricordo bene, era il periodo della mia vita in cui davo del tu ai ragazzi che facevano i turni di notte negli Autogrill sulla A14. Guidavo una Renault Clio alla quale facevo fare migliaia di chilometri la settimana e nel cofano c’erano sempre un trolley con poche t-shirt e la fedele valigia con i cd con i quali creavo i miei dj set. Nella mia testa era stato sempre difficile abituarmi all’idea di non poter più “toccare” la musica, il lettore cd aveva violentato il mio modo di suonare, la musica digitale arrivava troppo velocemente anche attraverso canali poco legali. Ero cresciuto correndo da una parte all’altra della Puglia alla ricerca del vinile raro, dovevo averlo prima del mio collega, ora sentivo parlare di download.

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“X è l’album più scaricato della settimana” questa frase non mi lasciava presagire un buon finale per la musica, o per chi con la musica ci viveva, soprattutto perché i download illegali erano in crescita esponenziale. Durante una sosta tecnica, dopo un dj set in nord Italia, decisi di fermarmi a Bologna. Rivivere la città che mi aveva dato rifugio nelle notti pensierose, ad ascoltare i freestyle di Neffa e soci ai giardini Margherita, mi sembrava un bel modo di riprendermi dal lungo viaggio e, perché no, fare una capatina nel posto che conoscevo come le mie tasche nel periodo in cui la mia casa era in via San Felice. Via Oberdan 7 è stato il centro del mondo per me e per milioni di amanti della musica, quella ricercata, quella rara, quei vinili da sfogliare lentamente, ci avrei dormito da Nannucci. A gennaio del 2005 volevo dare una nuova impronta al programma in radio, ed ero deciso a fare più ricerca, di andare più a fondo nelle radici della nuova elettronica, e fu lì che un incontro con esseri straordinari, cambiò radicalmente il mio modo di concepire la musica. Andrea del reparto elettronica sapeva che cercavo qualcosa di innovativo, qualcosa al di fuori di uno schema, mi consegna tra le mani un vinile ed un cd e mi dice ciao. Tunng, Mother's Daughter And Other Songs. Era il loro primo album, nelle foto sembravano dei freak con cappelli alla texana, ma erano inglesi e avevano stile da vendere. Corro in macchina, scarto il cd, inserisco nel lettore cd e premo play parte la prima traccia: sette secondi di panico, il cd è rovinato, poi una chitarra sghemba, scordata, voci, che cazzo è sto rumore sotto, mi si è rotta una cassa? Rimetto la traccia dall’inizio. Voce, effetto, rumore. Poi uno stop e la traccia si apre.

Non è elettronica, non è rock, non è una cosa mai sentita, sembrano i Fourtet ma sono più dark, buttano il banjo su un loop assurdo e dopo una fisarmonica che non smette di rovinare una magia con la sua malinconia.


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Guidai per 781 km ascoltando il cd che cambiò le sorti del mio modo di produrre la musica e di proporla attraverso la radio, le loro 10 tracce hanno aperto delle porte verso la fuga dalla banalità. Prima c’era un genuino Dj Shadow come mentore, che si sapeva osare ma rimaneva negli schemi dell’hip hop più scuro (che abbiamo chiamato poi trip hop) ora sapevo che potevo osare con i campionamenti, una melodia poteva fuggire verso l’alto mentre il beat rallentava, ora c’erano i Tunng e sono stati il gruppo più importante della mia carriera radiofonica, sia come produttore che come dj.

I Pink Floyd che mi avevano abituato a delle scorribande musicali erano stati superati nella mia mente, perché avevo bisogno di un cambiamento, di una metamorfosi. I più puristi mi hanno sempre additato come un folle quando ho esternato questa mia sensazione, però la musica è sempre una sensazione e mai un’idea sensata, o no?

Oggi a distanza di 15 anni il disco rimane attuale, e non annoia mai, come un pomeriggio passato in via Oberdan 7, anche se è triste vedere quelle serrande chiuse e non poter ringraziare Andrea.


Autore

 

Antonio Morph Carassi

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