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  • Immagine del redattoreAss. Tramoontana

CHI E' CASA? UN'IDENTITA' FRAMMENTATA TRA OLANDA E ITALIA


(… prologo …)


La gente ha questa drammatica immagine degli studenti italiani fuori sede, secondo la quale casa gli è stata strappata via come un giocattolo dalle mani di un bambino un po’ troppo cresciuto, per cui la sofferenza e la nostalgia sono tali da bruciargli nel petto ai soli ricordi delle proprie radici. Ecco, per me, è stato un po’ più complicato di così.

(… ciak …)


9 agosto 2017. Una mano stringe una valigia incredibilmente pesante, l’altra stringe quella dell’unica persona che dal quel momento le avrebbe ricordato cosa volesse dire casa. Sulle spalle l'insostenibile peso di uno zaino carico d’ ansia. Ciononostante, la gioia e la curiosità sovrastano, ingenue come quelle di un bimbo appena nato, già alla ricerca del suo posto al mondo. Ce l’avevamo fatta. Sette anni di solida amicizia che spingono due anime nate e cresciute in una piccola città del Sud Italia a cercare la possibilità di un futuro in Olanda.


 

(…piano-sequenza…)


Non dimenticherò mai quel giorno. Eravamo di fronte all'uscita della stazione dell'Aia ed era già assordante il battito del mio cuore. Nell’aria c’era odore di libertà, mista a quella fragranza di frietjes (patatine fritte), bitterballen (polpette di carne) e, come potete immaginare, erba. Una vita completamente nuova stava per cominciare, piena non solo di ostacoli, difficoltà e crisi, ma anche della sensazione, per la prima volta nella vita, di appartenere a un posto. O forse no?

Ho sempre dato peso a certe parole la cui definizione è così soggettiva che meriterebbero di essere liberate dalla prigionia dei dizionari. Amore, amicizia, felicità, famiglia, Casa.

Dopo poche settimane vissute in Olanda, nell'imponente ed internazionale città del Parlamento olandese, iniziai a chiamare Den Haag casa. Chiaramente, quelle “poche settimane” volarono alla velocità di un proiettile tra la ricerca di una casa, un lavoro e un posto nella lecture hall dell’università. Una vera e propria altalena di emozioni scaturita dal susseguirsi di speranza, paura, felicità, rabbia, nostalgia e voglia di fare.

Ero consapevole del fatto che la strada che ho sempre sognato di percorrere sarebbe stata una strada costantemente in salita, con curve strette, camion che sorpassano in curva e cani che sfrecciano tra strade tortuose e acciottolate. Tuttavia, a differenza di molti, non era la necessità di scappare che mi ha spinto a percorrerla. È stata la curiosità: quell’insaziabile fame di qualcosa di nuovo, diverso, di un posto nel quale non avrei mai avuto paura di esprimere me stessa liberamente e pienamente.

I primi sei mesi ero talmente presa dall'eccitazione della mia nuova frenetica vita da studentessa universitaria e lavoratrice che la paura di non farcela o non essere all’altezza vennero sepolte da lezioni, esami, deadlines, promozioni di lavoro e feste con amici italiani, olandesi, spagnoli, americani e chi più ne ha, più ne metta. Le chiamate settimanali con i miei genitori duravano ore, durante le quali cercavo di riassumere le eccitanti novità e le pieghe che la mia vita stava prendendo.

L’Olanda mi ha dato qualcosa che Brindisi non è mai riuscita a darmi in tanti anni di speranze perse e volontà frenate: opportunità. Eppur si muove, il mio cuore, alla percezione del calore del sole sulla mia pelle, al rumore del mare, all’odore del Mediterraneo.

Con in mente il nostalgico rimpianto di un idilliaco habitat perduto, dopo sei mesi “scesi” a Brindisi, per la prima volta, da turista. Non più di una settimana fu abbastanza per comprendere il perché dell’affetto che avevo nutrito per l’Olanda e del quasi completo rifiuto che provavo nei confronti dell’ambiente in cui ero cresciuta, denso di ignoranza, chiusura mentale e disprezzo. Camminare non mi era mai pesato tanto, come quando, con la mente fresca di chi è ormai abituata a sorridere agli sconosciuti in mezzo alla strada, sentii la pesantezza degli sguardi fulminanti e colmi di pregiudizio della gente.

Tale fu la confusione, imbarcata con me assieme ad un pacco di taralli, uno di caffè e 2 litri di olio extravergine d’oliva, che iniziai a dubitare della mia definizione di Casa. L’amore incondizionato che nutrivo nei confronti delle piccole beltà della mia città natale, fu rifiutato categoricamente, scaraventato a terra, frammentato in mille pezzettini e lasciato trascinare non-so-dove dallo Scirocco, il vento caldo del sud est. Non mi sono mai sentita tanto contenta di essere a casa quanto appena varcata la soglia del mio modesto appartamento, nel pieno del cosiddetto “polmone dell’Olanda”.

Ed ora sono qua, tre anni dopo, nello stesso appartamento, ma con un bagaglio di esperienze inimmaginabili fino a poco prima, ed una mascherina quasi nuova accanto. Provo un’immensa gratitudine nei confronti dell’Olanda, colei che mi ha sempre aperto porte, porte finestre e portoni affacciati al mondo. La percezione di me stessa e dei miei obiettivi è cresciuta a dismisura, sino alla realizzazione di sentirmi più cittadina del mondo, che Brindisina.

Sono due anni che non torno in Italia. Un po’ per scelta, un po’ per priorità. La crisi provocata dalla pandemia ha fatto sì che il volo già prenotato per Pasqua venisse cancellato.

Mi mancano mia madre e mio padre. Mi mancano i miei nonni. Mi manca il mio gatto. Mi manca il sapore familiare della frutta di stagione e delle verdure dell’orto. Mi mancano i colori dell’estate in Puglia ed il mare, quanto mi manca il mare.


(… epilogo …)


Ripenso al significato della parola Casa.

Casa, per me, è ovunque io lasci un frammento del mio cuore. Tuttavia, ho imparato che Casa non è un posto. Non è il Paese, non è la città, non è la stanza. Sono i ricordi che ti scaldano l’anima, o ti scuotono impetuosi come un mare in tempesta. Ed i miei ricordi più belli sono in compagnia delle incredibili persone che fanno parte della mia vita. Dalla mia famiglia a Brindisi, alla mia migliore amica in Olanda, agli amici incontrati in Giappone e in altre parti del mondo. Ho capito che la risposta alla domanda “dov’è casa?” è stata semplicemente impossibile da trovare durante tutto questo tempo perché era la domanda ad essere sbagliata. Chi è casa?

Alla fine, non mi sono mai allontanata da casa. È sempre stata accanto a me, nel bene e nel male, ovunque io andassi. Ed è proprio questa soggettiva definizione di casa che mi porta ad apprezzarla ogni giorno, in ogni piccolo dettaglio che amo della mia vita e di chi ne fa parte.

Ora mi rivolgo a tutti voi, studenti fuori sede e non, lavoratori, genitori, fratelli, amici. Che siate vicini o lontani da casa, che stiate soffrendo o festeggiando insieme, prendetevene cura. Perché anche se vi farà soffrire, non c’è più bella sensazione che tornare da qualcuno e “sentirsi a casa”.


Autore

 

Dalila Cataldi


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