Un mondo Chiudiamo gli occhi e proviamo a immaginare un mondo ideale fatto di colori, profumi, lande di verde e fiori che seguono il moto del sole; immediatamente ci sentiremo in pace con noi stessi e con tutto ciò che ci circonda, come se la nostra intera esistenza fosse un disegno color pastello, e il dolore, la sofferenza e il decadimento sociale fossero solo una leggenda lontana, appartenente a un universo parallelo. Chiudiamo gli occhi e facciamo sì che questa sensazione di benessere ci pervada fino a dominarci, facendoci dimenticare gli orrori passati e presenti. Nell’esatto momento in cui faremo ciò e ci abbandoneremo a tale status emotivo, conosceremo il mondo del maestro Hayao Miyazaki.
Miyazaki nasce a Tokyo nel 1941, oggi è ormai un acclamato regista, sceneggiatore, animatore, fumettista e produttore cinematografico. Dopo mezzo secolo di carriera, Miyazaki occupa il podio dell’animazione giapponese e la sua fama risuona come un gong in tutto il mondo grazie, soprattutto, allo Studio Ghibli da lui fondato nel 1985 insieme all’amico e storico collega Isao Takahata. La sua arte ha totalmente rivoluzionato il panorama dell’animazione cinematografica nipponica che, negli anni, è stata sempre declassata e ritenuta inferiore rispetto al colosso americano Disney. In realtà, i due modi di fare animazione sono totalmente differenti, specie nei temi affrontati.
Miyazaki conquista definitivamente il pubblico occidentale nel 2001 con la vittoria del Premio Oscar per il capolavoro La città incantata. Da qui, le porte del successo si spalancano e lo Studio Ghibli cessa di essere una cultura di nicchia e limitata ai fan dell’anime giapponese.
Chi è Hayao Miyazaki?
Nato nel bel mezzo del secondo conflitto mondiale in un Giappone fuori tempo che lotta per la sua ascesa a potenza bellica, Miyazaki cresce in una famiglia che lo tiene lontano dagli orrori grazie all’agiatezza economica. È proprio l’ambiente familiare a influenzare le passioni del giovane Hayao: il padre, infatti, era a capo della Miyazaki Airplane , azienda di famiglia specializzata nella costruzione di componenti aeronautici. L’amore per il volo e per gli aerei è un tema centrale nei suoi film, in particolare nell’ultima pellicola Si alza il vento. Ma è grazie ai manga e agli anime, però, che Miyzaki si avvicina all’arte e al disegno tanto da entrare a far parte di una delle più importanti società di disegnatori, la Toei. Tuttavia, è l’incontro con Isao Takahata a trasformare la sua vita: il legame tra i due è molto forte e già i primi lavori sono delle vere e proprie pietre miliari del genere, basti pensare ad Anna dai capelli rossi e Heidi. In seguito alla produzione di Lupin III – Il castello di Cagliostro, sentendosi limitato dalla sua casa di produzione (Nippon Animation) dal punto di vista economico e artistico, assieme a Isao Takahata fonda lo Studio Ghibli. Da qui, la scalata al successo è graduale e i primi consensi del pubblico giungono solo nel 1989 con il film d’animazione Kiki – Consegne a domicilio che conquista non solo il pubblico giapponese, ma anche quello occidentale. La cultura dell’anime inizia la sua ascesa.
Universi filosofici
Sebbene Miyazaki si occupi sin dagli albori di film d’animazione destinati a un pubblico infantile, spesso i temi affrontati sono lontani dalla mera fantasia alla Walt Disney e celano una morale che, a primo sguardo, può non essere compresa. Erroneamente, l’occidente mette a confronto le due case di produzione, tralasciando un dettaglio significativo: il sensei rifiuta da anni la politica culturale del “nostro mondo”, specie quella degli USA. Al contrario, l’Italia rappresenta un punto fermo della sua produzione e la ritroviamo in varie pellicole, come Porco Rosso e la già citata Si alza il vento. Cosa rende, dunque, Miyazaki così fuori dal coro del nostro caro occidente? La sua filosofia di vita che ripropone in tutti i suoi film. Se è vero che l’intera produzione miyazakiana è caratterizzata da una forte passione per il volo, inteso come un modo per liberarsi dalle catene imposte dalla sola esistenza, è anche vero che le sue opere sono fortemente rappresentate da una riflessione sull’inutilità della guerra e da un pacifismo quasi utopico. Quest’ultimo elemento è da ricercarsi nelle varie fasi politiche che il Giappone ha vissuto successivamente al disastro di Hiroshima e Nagasaki: l’evento ha sconvolto il popolo giapponese tanto da attuare delle politiche apparentemente pacifiste lontane dai conflitti (sappiamo, in realtà, che è stata proprio la guerra ad arricchire il Giappone, in particolare la Guerra di Corea, che lo ha rilanciato dal punto di vista industriale). Il pacifismo è sancito dall’articolo 9 della Costituzione giapponese e nel corso degli anni è diventato un vero e proprio credo, basti pensare alle proteste del Sessantotto, alle lotte studentesche, manifestazioni che videro Miyazaki e Takahata sempre in prima linea. Non essendo, però, questa la sede per ripercorrere dettagliatamente le vicende storiche del Giappone, è necessario sapere che la politica e la fede antimilitarista sono i centri della filmografia del produttore.
Nel dettaglio… Nausicaä della valle del vento (1984), Laputa – Castello nel cielo (1986), Porco Rosso (1992), Principessa Mononoke (1997), Il castello errante di Howl (2004) e Si alza il vento (2013) sono collegati da un file rouge con a capo non solo il disastro bellico e le conseguenze sul popolo, ma anche – e soprattutto – l’amore come motore del mondo e paciere dinanzi alla sofferenza. L’eroina Nausicaä, per esempio, lotta strenuamente per la conquista della pace, mettendo in gioco la sua stessa vita in un mondo post-atomico che ricorda il Giappone del ’45; simile vicenda ritroviamo ne il Castello del cielo in cui i giovanissimi protagonisti sono pronti ad affrontare il dramma bellico e a sacrificare se stessi nel nome dell’abbattimento della smania di potere degli uomini. Porco Rosso è, poi, il film che al meglio rappresenta il disastro della guerra non solo sui civili, ma anche sui combattenti che, in seguito, subiscono forti traumi psicologici e si rinchiudono in un ferreo cinismo a tratti misantropo; è il caso di Marco, il protagonista della pellicola dal forte odore italiano che, nel primo dopoguerra sacrifica la sua forma umana in favore di quella di un maiale. Sebbene il film sia colmo di elementi fiabeschi, la guerra è rappresentata in maniera cruda e veritiera e, ancora una volta, gli aerei ricoprono un ruolo fondamentale: Marco è uno dei più temuti piloti del cielo. È, tuttavia, con Principessa Mononoke che Miyazaki lascia una sorta di testamento cinematografico, un manifesto di antibelligeranza misto a un altro pilastro della sua vita: l’ambientalismo. Il film è l’incarnazione della lotta tra il Bene e il Male in un Giappone medievale in cui la magia ne fa ancora da padrona. L’impronta teologica è altresì fortissima, tanto da trovare veri e propri riferimenti a divinità panteistiche che governano il mondo degli uomini e della natura. Considerare Principessa Mononoke una sorta di “romanzo di formazione” è possibile? Assolutamente sì, la crescita del protagonista Ashitaka, dei vari personaggi e, soprattutto, dell’intero corpus ne è la prova schiacciante.
Trascorrono quasi dieci anni prima che il sensei ritorni a disegnare mondi denuncia immersi in un clima favolistico ed ecco che, nel 2007, Il castello errante di Howl giunge nelle sale cinematografiche. Una produzione completamente rinnovata dal punto di vista grafico, con disegni ancora più definiti e colori ricchi di saturazione e luminosità: il desiderio di tuffarsi nei prati visti da Sophie, la protagonista del film, è irrefrenabile. A fare da contrasto a questo ambiente apparentemente fantastico è una nuova guerra di forte impronta europea che Miyazaki rappresenta in modo veritiero e nella sua più totale crudeltà. I bombardamenti aerei a cui partecipa Howl sul finale, sono un chiaro riferimento a quelli avvenuti nel Giappone del ’45 ed ecco che il fil rouge ritorna prepotente e lega indissolubilmente tutta la precedente produzione all’ultimo capolavoro miyazakiano, Si alza il vento. La pellicola, di forte stampa autobiografia, è il racconto di Horikoshi Jirō, l’ingegnere che ha realizzato l’aereo da combattimento Zero Fighter utilizzato durante la Seconda guerra mondiale; insieme, il film si rifà a un secondo romanzo, Kaze Tachinu (The Wind Has Risen) di Hori Tatsuo, che narra con dolcezza e poesia il dramma della malattia che ha colpito la donna amata. Qui Miyazaki non lascia spazio alla fantasia e questo è un chiaro segnale di auto-identificazione con Jirō, il protagonista dell’opera che rispecchia in molte fattezze Hayao. La passione per il volo e l’odio per la guerra raggiungono l’apice della lirica in Si alza il vento, un racconto dal sapore internazionale in cui ritorna forte anche il ruolo dell’Italia, il bel Paese che tanto affascina il sensei. Giovanni Battista Caproni, il mentore di Jirō, è un personaggio fondamentale nel film e compare spesso nei sogni dell’ingegnere; un ruolo quasi profetico, quello di Caproni, uomo che da sempre appassiona Miyazaki. Si alza il vento è, probabilmente, l’opera più complessa del nostro regista ed è impossibile elencarne le sofisticate filosofie in poche righe. La melanconia di Jirō, la presenza di una donna forte come Nahoko che lotta contro la tubercolosi, i riferimenti alla poesia francese di Paul Valéry, l’utilizzo di una colonna sonora caratteristica e personalizzante, la storia di un Giappone eclissato dal punto di vista bellico dalla potenza tedesca sono solo alcuni dei temi della pellicola d’addio (speriamo di no!) del genio nipponico.
Il rapporto tra uomo e natura
Abbiamo parlato di un Miyazaki finora ben lontano da una visione infantile e spensierata, nonostante i suoi siano sempre film d’animazione. Sono molti i temi sociali che ritroviamo nelle produzioni Ghibli e, oltre alla forte fede nell’antibelligeranza, Hayao Miyazaki è un agguerrito ambientalista (sì, nonostante il suo vizio del fumo!): Principessa Mononoke è solo uno dei film in cui rintracciamo questo folle amore per la natura. Nausicaä della valle del vento rappresenta al meglio la natura dell’autore: in un universo devastato dalle guerre e dalla tecnologia, l’eroina rinuncia alla possibilità di un nuovo mondo per gli umani a favore dell’ambiente, annientando così ogni minaccia.
Tale tema, però, è affrontato da Miyazaki anche in pellicole meno “impegnative” e più vicine a un pubblico giovane desideroso di immergersi in un’anime a cuor leggero. È il caso de Il mio vicino Totoro (1988), film d’animazione che incita l’uomo, dal più giovane al più anziano, a vivere a forte contatto con la natura e a rispettare chi ne fa parte. L’allegria e la giocosità delle giovanissime Satski e Mei è contagiosa e trasporta il pubblico in un mondo parallelo popolato da creature fantastiche che desiderano coesistere con l’uomo. Ponyo sulla scogliera (2008) è, poi, una piccola e dolce perla che denuncia l’inquinamento marino: è impossibile non innamorarsi della simpatica bambina-pesce dai capelli rossi che rinuncia alla sua natura marina per vivere sulla terra con Sōsuke, il suo giovane amore. Ecco: con gentilezza e dolcezza Miyazaki cerca di persuadere le nuove generazioni a emulare i protagonisti dei suoi film, nel pieno rispetto dell’ambiente e di quella natura che, al contrario del nostro Leopardi, egli considera Madre benevola.
Miyazaki vola alto, però, e lo fa anche nel parlare di questo delicato tema e la conquista del Premio Oscar è sicuramente la prova di quanto il suo volo vada oltre le aspettative. La città incantata, vera e propria opera d’arte del 2001, ha sancito definitivamente la fama del disegnatore nipponico e lo ha incoronato re dell’anime. Il film è un vero diamante dal punto di vista grafico, dell’ambientazione, dello stile narrativo, della cura dei personaggi e della denuncia sociale che intende promuovere. Chihiro, la giovane protagonista, si ritrova catapultata in un mondo magico popolato da creature fantastiche e apparentemente terrificanti; stringerà un forte rapporto d’amicizia con Haku e lavorerà presso il centro termale della “temibile” strega Yubaba. Il tema centrale è, come ben s’immagina, quello ecologista: Chihiro aiuta lo spirito di un fiume inquinato, Senza Volto, a purificarsi dalle scorie che lo rendono crudele e affamato, così facendo epura il mondo dalla contaminazione ambientale e dona nuova vita.
Una conclusione forzata
Hayao Miyazaki ha creato mondi e universi che nessuno, prima d’ora, era stato in grado di creare e lo ha fatto dando importanza a ogni dettaglio e con l’obiettivo di riscrivere l’ordine del nostro status vivendi. Non vi è inimicizia tra Miyazaki e il progresso tecnologico, ma una fiera e instancabile voglia di promuovere il rispetto e la riconoscenza nei confronti di un mondo che, a prescindere dalle credenze teologiche, permette all'uomo di vivere. Affiancarsi a Miyazaki può cambiare la vita e tutti, grandi e piccoli, dovremmo lasciarci avvolgere dal candore di quest’uomo.
Autore
Angelica Martina
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