In tempi normali avrei cercato un parcheggio, magari facendo il giro un paio di volte nei pressi del teatro Verdi di Brindisi. Non sarei venuto nel fine settimana, questo no. Avrei scelto un martedì sera, una di quelle sere dove apparentemente non c’è niente da fare, ma di sicuro si trova molto più tempo per parlare.
Il posto da raggiungere è un locale che si chiama “Spirito - The Right One”, un luogo dove puoi rifugiarti per bere qualcosa di buono e prenderti, appunto, un po’ di tempo.
Sarebbe stato bello fare quest’intervista con Francesco Puce (uno dei proprietari del locale) dall’altra parte del bancone e un Manhattan davanti a me. Ma i telegiornali parlano di fase 2, è ancora presto per perdersi in un bar. Ciononostante, Francesco è comunque dall’altra parte, non del bancone ma dello schermo, che mi aspetta nella mia pausa caffè per parlare di una delle storie imprenditoriali più interessanti degli ultimi anni.
Forse bisognerebbe fare una specie di prologo: come mai sei finito dietro il bancone di un bar?
Per dieci anni ho collaborato con il circolo arci di San Pietro Vernotico, avevamo la postazione bar e qualcuno se la doveva pur filare. Poi ho iniziato a fare le prime stagioni, una di questa è stata al Bar Zoki dove ho imparato tanto, ma in ogni caso avevo la sensazione di non seguire un vero e proprio criterio. C’è stata la possibilità di fare un corso a Brindisi alla New Bar Concept che, oltre a darmi un’impostazione di base sul lavoro, mi ha permesso di entrare in una rete di conoscenze. Una rete che mi ha portato negli anni ad avere “Spirito”.
Com’è nata l’idea del bar?
C’è stata un’opportunità: al mio socio Chicco Greco è arrivata l’offerta di subentrare nella gestione di un Sushi Bar. L’investimento iniziale non era altissimo e ci siamo buttati: l’idea di “Spirito” era quella di rispondere a una cultura del bere bene che negli ultimi 7-8 anni si era sviluppata sempre di più nelle nostre zone. Secondo me il punto d’inizio di questa svolta è stata la nascita del “Quanto Basta” a Lecce. Ci siamo chiesti: perché non farlo anche a Brindisi? Io dopo anni di esperienza volevo mettermi in gioco con un’impostazione lavorativa diversa dalla discoteca; poi c’è Mattia Sacco che è stato uno dei primi, nonostante la sua giovane età, a portare a Brindisi i primi Old Fashioned (anche se Chicco li faceva ancora prima). E così abbiamo unito le forze per dare un’alternativa al solito bere a cui era abituata la città. L’ospite può venire a chiedere qualsiasi tipo di distillato e scegliere tra numerosissime bottiglie. Si va al di là del drink. È dare un servizio diverso rispetto agli altri: siediti, stai lì, noi ti coccoliamo e c’è il drink che è una parte dell’esperienza.
Di fatto siete anche andati incontro a un cambio di abitudini delle persone. Siamo passati alla concezione del drink “da movida” (con barman veloci che dovevano preoccuparsi di smaltire clientela trascurando la qualità) al cocktail bar come luogo d’incontro, dove le persone restano e concedono al barman il giusto tempo per preparare un drink.
Chiaramente anche i weekend per noi sono critici, solitamente durante la settimana riusciamo a dedicare molte più attenzioni al cliente, mentre il venerdì e il sabato abbiamo mixato i concetti cercando di dare il miglior prodotto nel minor tempo possibile. Non è semplice. Diciamo che c’è una generazione, quella abituata alle discoteche anni ’90, che ancora non concepisce bene l’attesa. Al contrario abbiamo tanti clienti dai sessant’anni in su che riescono a godersi il momento dell’aperitivo così come mi rendo conto che anche le nuove generazioni che vengono al locale non hanno problemi: riesci a scambiare qualche chiacchiera, vogliono vederti lavorare, consultano la drink list, chiedono consigli, vogliono scoprire il whiskey o rum nuovo. In linea generale è una cultura che sta migliorando tantissimo.
Torniamo al barman come figura umana: non solo una persona che ti versa da bere, ma anche un confidente, qualcuno con cui parlare.
La parte dello psicologo è compresa nel prezzo del drink.
Spostiamoci un attimo fuori dalla porta di “Spirito” e andiamo in giro per Brindisi. Quant’è importante avere un locale del genere e com’è cambiata la città?
Prima avevamo grandi bevitori di vino, di drink un po’ faciloni. In realtà il brindisino ha sempre voluto bere bene, ce ne siamo accorti nel momento della nostra apertura: la gente ancora non ci conosceva e si spostava su Lecce, raggiungeva il “Quanto Basta” e gli stessi barman leccesi raccontavano che qui a Brindisi c’era una realtà simile. È cambiato tanto non solo grazie a noi, ma anche con diverse realtà di giovani imprenditori che hanno voluto scommettere nella movida brindisina. C’è ad esempio chi si è specializzato sulle birre puntando su marchi ricercati, c’è chi si è specializzato su vino e bollicine, vendendo prodotti importanti. Diciamo che in questi anni sta emergendo un lato nascosto di Brindisi che prima era offuscato dai McDonald’s di turno, ma comunque c’era.
In tutto questo il punto in cui ci troviamo è fondamentale (“Spirito” è in via Santi, di fronte al Teatro Verdi nda). A differenza della ristorazione, i locali notturni più sono vicini e meglio è. Cerco di andare oltre all’idea di concorrenza: più si crea il giro di gente e meglio è.
Dal punto di vista umano quanto ha contribuito nel tuo lavoro di oggi l’esperienza che hai fatto in Arci?
Io ho sempre visto l’Arci, sia in ambito nazionale che locale, come un luogo in cui chiunque può mettersi in gioco in qualsiasi ambito e magari imparare anche un mestiere così come è successo a me. Ci sono i rapporti con le persone, inizi a creare una vera e propria rete importante per la tua vita in generale. Una volta arrivato a Brindisi, in un posto dove nessuno mi conosceva a differenza dei miei due soci, quelle relazioni sono rimaste e ho ritrovato la gente conosciuta nei circoli di San Pietro, Brindisi, Mesagne, Francavilla. È stato un periodo bello della mia vita a cui sarò sempre riconoscente perché mi ha dato il mestiere che volevo fare.
Tra l’altro questo senso di associazionismo per certi versi possiamo riscontrarlo nella New Bar Concept. Non solo come scuola di formazione, ma anche come rete di barman e locali.
Sì, diciamo che siamo partiti tutti da lì, chi prima e chi dopo. Chicco Greco, fondatore della scuola e socio di “Spirito”, è stato lungimirante a portare qualcosa che in Italia stava per esplodere: l’American Bartending. Ha dato un tocco in più, dal momento che era particolarmente bravo nella tecnica “flair” e aveva anche vinto dei concorsi. È riuscito a creare grazie a tutto lo staff della scuola una vera e propria rete tra tutti i bartender. Dopo “Spirito” a Brindisi è nato “Materia”, un locale di due ragazzi usciti dalla nostra scuola. Ormai la maggior parte dei locali della città ha proprietari o dipendenti che vengono dalla New Bar Concept.
Tra l’altro la rete che c’è alle spalle della scuola ti permette di andare oltre al semplice corso: giri la Puglia e non solo, ti aggiorni con le novità del mestiere, conosci gli addetti ai lavori e hai l’opportunità di conoscere anche altre realtà. Di fatto è una rete che mi ha permesso di crescere in fretta e in poco tempo.
Siamo ormai in questa fase 2. Che novità sta lanciando “Spirito” per ripartire?
Sì chiama “Delivery Cocktail”. Inizialmente ero uno di quelli contrari a quest’idea, pensavo che tutto si sarebbe risolto molto presto, ma era solo una mia illusione. Chicco e Mattia invece mi hanno convinto nel provarci e pensandoci bene per tutto il 2020 dovremo adattarci a una nuova realtà, con meno feste e più momenti a casa. Per questo è nato il Cocktail d’asporto: prendiamo un’ordinazione con un minimo di due drink, noi li facciamo trovare pronti in appositi contenitori con tanto di garnish disidratato e siamo in consegna il venerdì e il sabato. Se vuoi un Negroni ogni venerdì ce l’hai. Qualcuno potrebbe dire: “compro le bottiglie per conto mio”, ma sappiamo anche che ci sono tante persone che non hanno l’opportunità di spendere 50 euro per tre bottiglie, ma ad esempio ne possono spendere 6 per avere il proprio drink.
Tra l’altro nei supermercati non si trovano facilmente le bottiglie che avete voi.
Sì, il nostro fornitore principale è la Bottiglieria di Brindisi che ha molte etichette esclusive che non vedi nei supermercati. Anche nelle bottiglie base che abbiamo, come ad esempio quelle per il Gin Tonic, cerchiamo sempre di usare un prodotto di medio alto livello per portare al massimo le aspettative delle persone.
Per ascoltare l’intervista integrale: https://www.moomagazine.com/podcast
Autore
Andrea Martina
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