(… teaser …)
Ho sempre pensato che tifare per le grandi squadre blasonate fosse molto facile. Tutti i bambini guardando una partita di calcio in televisione, o giocando nel campetto vicino casa, sognano di poter diventare il nuovo Cristiano Ronaldo, Lukaku o Ibrahimovic.
Anche per me è stato così più o meno fino ai dodici anni quando ho capito che il mio cuore non batteva per le maglie delle grandi squadre del nord Italia. Io mi ero innamorato del Lecce.
Ma andiamo per gradi. Io sono Pierfrancesco, uno studente di Medicina che da qualche anno vive tra Milano e Genova per motivi di studio. A diciannove anni anch’io ho dovuto preparare una valigia, metterci dentro i miei sogni, le mie speranze e la voglia di diventare un bravo medico. Ho lasciato casa senza però dimenticare di portare con me una sciarpa giallorossa.
(… panoramica …)
La mia passione per i colori giallorossi è nata con il Lecce guidato dal maestro Zeman: era la stagione 2004/05 e quel Lecce, con il suo 4-3-3, era una macchina da goal in grado di segnare cinque reti alla Lazio e fermare l’Inter dell’Imperatore Adriano in casa.
Negli successivi, però, questo meraviglioso giocattolo si è inceppato. Dopo il derby maledetto contro il Bari del 15/05/2011 e una condanna per frode sportiva, il Lecce ha trascorso ben sei anni nell’inferno della Serie C e io imperterrito, nonostante amici e conoscenti mi rivolgessero la classica frase “ancora lu lecce te viti?”, mi ero abbonato a un servizio di streaming online che trasmetteva le partite del campionato di Serie C, continuando ogni santo weekend a guardare le partite dei giallorossi da Milano o Genova. sempre con la stessa sciarpa al collo.
Gli avversari non erano più quelli di un tempo, gli stadi non erano più in città come Roma, Torino o Milano. Il Lecce doveva vedersela con squadre sicuramente meno blasonate ma comunque toste, con una gran voglia di figurare bene contro i salentini. La stagione in ogni caso si concluse con la promozione in Serie B e il Lecce tornò finalmente a giocare un campionato degno della sua storia.
Nella stagione 2018-19 i salentini si presentarono ai nastri di partenza del campionato cadetto senza i favori del pronostico, ma incredibilmente riuscirono a ottenere un’insperata promozione in Serie A battendo lo Spezia in casa per 2-1.
Era l’11/05/2019 e come al solito io ero a Milano, ma non più da solo in una cameretta come gli anni precedenti. Andai ad assistere alla partita in un pub milanese che la trasmetteva in diretta e lì trovai altri trecento tifosi giallorossi che condividevano la mia stessa passione e che per svariati motivi avevano lasciato casa come me.
Dopo il triplice fischio inondammo di passione giallorossa l’intero pub e la piazza antistante con i vecchietti meneghini che ci guardavano straniti, finché un signore capì cosa stesse accadendo ed esclamò “Figa, il Lecce è tornato in Serie A”.
(… mid point …)
La mia gioia è stata doppia perché ero consapevole che, oltre la possibilità di veder giocare la mia squadra del cuore nel massimo campionato, avrei avuto finalmente la possibilità di andare per la prima volta in trasferta e veder giocare il “mio” Lecce a San Siro e a Marassi.
Finalmente arrivò il giorno di Milan-Lecce ed io andai a San Siro. Andare a vedere una partita alla Scala del calcio è un’emozione unica: appena uscito dalla Metropolitana, vedendo quello stadio enorme e illuminato, mi resi conto di cos’era la serie A. Entrai subito all’interno dello stadio e raggiunsi il mio settore, il terzo anello verde, quello dedicato ai tifosi ospiti. Li conobbi altri tifosi che avevano viaggiato per centinaia di chilometri per vedere i giallorossi.
La partita finì con un pareggio raggiunto dal Lecce allo scadere con un tiro da fuori area di Calderoni che fece letteralmente esplodere il settore giallorosso: San Siro aveva assunto le sembianze del Via del Mare e quel settore si trasformò nella Curva Nord.
Pochi giorni dopo ebbi l’occasione di andare a vedere un’altra partita, nuovamente in trasferta, al “Ferraris” di Genova dove si sarebbe giocata Sampdoria-Lecce.
Lo stadio genovese è molto più piccolo del “Meazza” di Milano ma ugualmente molto bello: è lo stadio più antico d’Italia e uno dei pochi interamente coperto e senza pista d’atletica. Nell’impianto ci giocano il Genoa (il club più antico d’Italia) e la Sampdoria - e credetemi se vi dico che il derby della Lanterna è una delle stracittadine più sentite al mondo, seconda solo al superclasico Boca Junior-River Plate.
Anche a Genova quella sera ho vissuto una grande emozione: il Lecce riuscì a passare in vantaggio e condurre la partita per novanta minuti, salvo poi farsi rimontare nel finale con un gol di Gaston Ramirez. Noi Leccesi eravamo in numero inferiore rispetto alla partita di Milano, ma ugualmente riuscimmo a far sentire il nostro calore senza tralasciare qualche sfottò ai tifosi doriani, da sempre gemellati con quelli del Bari.
Tutte le altre partite della stagione le ho seguite nel “pub della promozione” a Milano. Ogni domenica eravamo lì in circa una ventina di persone pronti a tifare e a scambiare qualche parola in dialetto per assaporare l’aria di casa.
(… climax …)
In una terra meravigliosa come la nostra l’Unione Sportiva Lecce non è solo un club di calcio, ma è prima di tutto senso di appartenenza, in ogni luogo d’Italia.
Ho conosciuto ragazzi e uomini più adulti che vivono da anni in Lombardia o altre regioni. Lì hanno trovato lavoro, hanno costruito una famiglia, ma senza dubbio non hanno dimenticato da dove provengono. Il Lecce, in questo senso, è come se fosse una Nazionale che rappresenta l’intero Salento e in ogni trasferta nelle grandi città del nord quel grande muro giallorosso assiepato nel settore ospiti esprime tutto l’orgoglio e la voglia di riscatto che ha il popolo salentino.
Tifare Lecce non vuol dire solo seguire una squadra di calcio ma sostenere il territorio in cui si è nati e urlare con orgoglio e senza paura davanti a tutti i tifosi avversari (anche davanti a quelli che insultano i meridionali) “io sono e sarò sempre salentino”.
Quest’estate poco prima dell’inizio del campionato in una bella intervista il presidente del Lecce Sticchi Damiani ha espresso un concetto semplice, ma al tempo stesso molto forte: “chi tifa Lecce… tifa Lecce e basta”.
È questo il riassunto di tutto ciò che vive un tifoso salentino fuorisede, non solo il giorno della partita ma anche tutti gli altri giorni della settimana, cercando di farsi valere nella propria vita quotidiana senza mai dimenticare le proprie radici.
“Chi tifa Lecce… tifa Lecce e basta” ma soprattutto non perde mai.
Autore
Pierfrancesco Arsieni
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